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La tutela della salute pubblica avviene anche attraverso la conoscenza e il controllo delle malattie degli animali. L’animale selvatico va valutato nell’ambito della tutela della salute in quanto rappresenta un probabile serbatoio e vettore di patologie, comprese zoonosi emergenti e riemergenti. Inoltre può essere considerato un efficace bioindicatore: nei selvatici l’assenza di immunità vaccinale può portare allo scoppio di focolai “rivelatori” di malattie endemiche le quali si mantengono a livello subclinico fra gli animali da reddito.

L’attività di vigilanza e sorveglianza epidemiologica della fauna selvatica non può essere limitata al singolo animale, ma deve sempre estendersi alla popolazione di provenienza e deve essere organizzata tenendo conto dei piani sanitari di controllo programmati ed attivati annualmente sugli animali domestici e dei possibili rischi sanitari connessi all’abbattimento e al consumo di selvaggina.

Il monitoraggio delle malattie degli animali selvatici non va visto in un’ottica puramente accademica, in quanto la fauna selvatica è coinvolta nel ciclo epidemiologico di molteplici zoonosi che possono colpire l’uomo tramite diverse vie di trasmissione dal contatto diretto, alla morsicatura, alla diffusione nell’ambiente mediante aerosol o all’intervento di un vettore biologico.

Schematizzando, i vari ruoli che un animale selvatico svolge nell’epidemiologia di una malattia infettiva o infestiva possono essere riassunti nella maniera seguente. L’animale selvatico può essere un bioindicatore: una malattia endemica può subdolamente mantenersi fra gli animali da reddito, mentre nei selvatici l’assenza di immunità vaccinale porterà allo scoppio di focolai “rivelatori”. L’animale selvatico può essere un serbatoio, in tal caso, nonostante la messa in atto di misure igieniche come disinfezioni e vuoto sanitario, il selvatico potrà essere fonte continua di infezione, ed è ciò che, nel concreto, sta avvenendo in Gran Bretagna con i tassi affetti da tubercolosi.

Inoltre, non rispettando i confini politici, le quarantene ed i controlli alle dogane può sfuggire alle misure sanitarie dei vari Stati e veicolare infezioni. In questo senso l’animale selvatico può essere un vettore. Un esempio di tale situazione è rappresentato dall’ influenza aviare portata dagli uccelli selvatici durante la migrazione. In ultimo, come ospite di ricombinazioni, nella specie selvatica si ha la possibilità di infezione da parte di diversi ceppi virali in grado di ricombinare e portare a modificazioni genotipiche e fenotipiche. L’animale selvatico è, quindi, una importante e preziosa fonte di informazioni sullo stato sanitario dell’area interessata, anche in relazione a zoonosi o a malattie di interesse zootecnico. Non meno importante è l'utilizzo di tali animali come indicatori del grado di inquinamento ambientale, il il mondo in cui viviamo cambia e si evolve continuamente per cui è sempre necessario studiare quali sono i fattori ecologici, climatici e ambientali che interagiscono fra di loro, con i patogeni e con la salute animale.

Il cinghiale ha un ruolo nell’epidemiologia di alcune malattie infettive trasmissibili all’uomo (Brucellosi, Tubercolosi, Tularemia, Toxoplasmosi, Sarcosporidiosi, Encefalite da zecche), al suino (Malattia di Aujeszky, Pesti suine e Brucellosi), o ad altre specie domestiche (Malattia di Aujeszky, Brucellosi, Toxoplasmosi e Tubercolosi). Tenuto conto che la Regione Umbria risulta ufficialmente indenne da alcune patologie sottoposte a Piani Nazionali di Eradicazione o Sorveglianza negli allevamenti zootecnici, si rende necessario conoscere la distribuzione e la prevalenza delle principali malattie infettive che interessano questa specie, nell’ambito del territorio di pertinenza.

Epatite E-  E' stata evidenziata una positività del 2% negli animali saggiati nella nostra Regione per il virus dell'epatite E genotipo 3. Tale dato risulta interessante visto il carattere zoonosico di questa patologia e in linea con quanto descritto da Mughini- Gras L. et al (2017) per il nord Italia. L'epatite virale E è una malattia virale a trasmissione oro-fecale con i caratteri clinici dell'epatite acuta, già conosciuta come epatite non-A, non-B, non-C. L'epatite E può essere considerata una zoonosi emergente, che si presenta interessante in quanto, avendo essenzialmente un ciclo orofecale, può presentarsi come infezione/malattia trasmessa direttamente che a trasmissione indiretta.

Malattia di Aujeszky -E' stata riconfermata la positività sierologica alla Malattia di Aujeszky  (19% di positività nel corso del 2017 ) in una percentuale minore rispetto ai dati 2009-2011 ma nettamente superiore rispetto al piano effettuato nel 2016 (6,25% positivi); è importante tenere sotto controllo la circolazione dell’agente eziologico di tale patologia in quanto in quanto causa di gravi danni economici nell’allevamento del suino.

Il Toxoplasma gondii è stato isolato dal 2 % dei cinghiali in Repubblica Ceca, e una prevalenza sierologica del 15 % è stata trovata in 124 cinghiali (Hejlícek et al. 1997). E 'ben noto che i maiali domestici allevato all'aperto hanno una prevalenza sierologica più elevata per T. gondii di quanto non facciano i maiali allevati intensivamente (van der Giessen et al. 2007). L'esposizione di cinghiale alle feci feline e il cannibalismo sono probabilmente le ragioni di una prevalenza insolitamente alta di T. gondii nei cinghiali. Nel corso del 2017 abbiamo trovato positivo il 9% degli animali saggiati, dato in leggera diminuzione rispetto ai risultati delle indagini svolte nel territorio della nostra regione negli anni precedenti (2010 12,6%, 2011 15,4%, 2016 14%).

Echinococcosi- Nonostante il ciclo pastorale sia senza dubbio la fonte primaria dell’idatidosi umana, delle comunità venatorie il ciclo silvestre assume una particolare importanza a causa dell’infezione dei cani da caccia alimentati con visceri di ungulati selvatici (Urquhart et al. 1996). L'Italia è storicamente considerato un paese europeo a rischio medio-alto; le aree nelle quali è maggiormente diffusa la pastorizia rappresentano le zone più a rischio, nelle quali aumenta la probabilità che il ciclo biologico del parassita possa completarsi dal momento che proprio nell'ambiente pastorale esistono stretti rapporti cane-pecora-uomo. Nel nostro paese il quadro epidemiologico dell'Echinococcosi animale è frammentario in quanto i dati regionali sono spesso carenti e limitati alle informazioni derivanti dall'attività di sorveglianza passiva condotta al mattatoio, e scarsi sono i dati relativi alla prevalenza della malattia nei cani e nei canidi, ospiti definitivi del parassita. Nel corso del 2017 abbiamo rilevato una positività dell'1%

Salmonellosi- Interessanti sono anche i dati riguardanti le salmonelle isolate, che sono state tutte tipizzate e sono risultate due Salmonella napoli , una Salmonella typhimurium un Salmonella newport  ed un Salmonella enterica subsp. IV houtenae 40: z4, z23: -  tutte di valore zoonotico.

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